27 novembre 2011

Popolo bue

Con una definizione di semplice e definitiva eleganza, il filosofo Carlo Galli ha concluso che la comunità, anzi, die Gemeinschaft, si è trasformata inn una gamma di immense platee televisive "implose" nella privacy. In queste poche parole c'è la sentenza che condanna alla sua condizione amorfa tutta la società italiana di oggi. Anziché una collettività strutturata, ecco allora una moltitudine dispersa, che si addensa negli appartamenti della sottoborghesia; un formicolio umano visibile nei condomini popolari, una "nuova classe" priva di connotati, che trova unico metro di giudizio gli standard televisivi e lo stile da sfoggiare in studio. E allora sarà difficile mobilitare i cittadini in vista di una trasformazione, di un cambiamento più o meno accentuato, di un complesso di riforme. La risposta implicita è: preferisco stare nella mia favela, e continuare a consumare beni materiali e immaginari secondo i parametri di reddito che mi sono concessi.

Edmondo Berselli, Sinistrati, Mondadori.

18 novembre 2011

Una passeggiata serale

L'autobus fa all'ultimo momento una deviazione ripetto alla mia meta e mi depone nella piazza della vecchia pretura. Non ci passo da tempo, e mi guardo attorno, appena sceso dal predellino del mezzo. Siamo alle solite: come se fossero fogli trasparenti, mi si sovrappongono alla scena attuale ricordi di tanto tempo fa, e rivedo con gli occhi della mente me ragazzino, con i miei compagni di scuola, molte giornate di sole, e tra queste qualcuna uggiosa, e immagini del vecchio stazionamento delle autolinee provinciali,  quelle cafoniere blu dove i vecchi si mettevano a parlare con noi, i femminielli ci facevano una corte discreta, e noi scrivevamo a penna il nome della nostra amata sui sedili in finta pelle.  Poi ancora nella piazza buia immagini della trattoria, che ora non c'è più, dove nelle sere invernali  in un pentolone ribolliva il polpo col pepe, e questo brodo i lavoratori notturni lo sorbivano sotto la luce delle alogene, per scaldarsi. Mi incammino, a piedi, verso la piazza della stazione centrale, e mi imbatto in quello stesso vicolo dove andavamo subito dopo scuola: c'era un laboratorio di pasticceria, e con 1000 lire potevamo comprare una pizzetta, ed il diritto di guardare il vecchio pasticciere farcire e arrotolare i cornetti, mentre chiacchierava con noi e ci prendeva  a male parloe. Nanche questo laboratorio di pasticceria esiste più, ma accanto alla saracinesca abbassata ci sta ancora una vecchia edicola sacra, con una pala dipinta rappresentante Sant'Antonio, dipinto con tratto fresco e devoto. La osservo, come si osseravno le rughe di un vecchio amico, ma mi viene il magone a vedere soffocato quel legno venerando tra auto parcheggiate e sale bingo, e vado via.

***

Faccio pochi passi e incontro un uomo, lo sguardo miope nei suoi occhi da criceto, nascosti dietro occhiali troppo spessi. E' sorprendente come certi uomini possano guardarti con aria rapace, come se tu fossi una cosa. Questo si capisce subito che vorrebbe scoparmi, da come mi punta col viso di fiera dal momento in cui mi vede per la prima volta fino al momento in cui lo supero a passo svelto cercando lo sbocco nella piazza della stazione centrale. Credo che se cascassi per terra all'improvviso, colto da un malore, lui mi slaccerebbe i pantaloni. Spesso le donne mi hanno detto che il mio sguardo è come un abbraccio, e che nel mio sguardo si sono sentite raccolte: ma erano donne che inclinavano verso me, e che in qualche modo non possono essere considerate attendibili. Forse poetavano alla loro maniera, dicendomelo. Mi chiedo, invece, cosa pensino del mio sguardo le donne che incrocio casualmente in metropolitana, o cui cedo il passo sul marciapiede. Io non vorrei mai guardare nessuno come a volte mi guardano certi uomini.

***

Questo è lo stesso marciapiede che di notte percorrevano Ermanno Rea ed Enzo Striano, prima di scoprirsi entrambi scrittori. Facevano questo marciapiede e parlavano tutta la notte, accompagnandosi alternatamente l'uno a casa dell'altro, e viceversa. Da una piazza grande all'altra, lungo il corso. Io non ho un amico cui parlare tutta la notte. Non ho un amico con cui  consumare la stada aiparlare di ciò che non va, non ho un amico col quale passeggiare senza meta, buttando via la notte e ricevendo in cambio ricccheza. Arrivo finalmente nella piazza della stazione, e quattro prostitute aspettano accanto ad un'edicola. Una mi chiama "bello", io mi giro, poi vado per i fatti miei. Sento risate dietro di me.

***

Sono sul terrapieno ferroviario, accanto alla collina della grotta. Mi allontano dalla banchina, lungo i binari, per vedere meglio. Di fronte, nel piccolo parco ci sono tenere lampade la cui luce viene a tratti oscurata dalle piante mosse dal vento: il parco è vivo ma dorme, e quel vento lieve è il suo russare. Il buio lo protegge, e io guardo meglio: questa è la sua ultima magia. Stasera il gatto non c'è, vedi? e siamo solo in due, io e la costellazione d'Orione, a salutarti, Virgilio.

14 novembre 2011

Poche ore della notte

Resoconto di poche ore della notte passate in un pronto soccorso, aspettando le analisi di mia madre, che non si è sentita bene:
- ragazza perde gravidanza di 4 mesi per banale incidente domestico, familiari ululanti, il ragazzo le urla "è sempre colpa tuaaaa!" e prende a pugni la porta d'ingresso. la vedo che piange senza consolazione, nessuno si avvicina. confusione all'interno
- i carabinieri arrivano con la camionetta dietro all'auto di tre ragazzi, e li seguono nel pronto soccorso. confusione all'interno
- matta priva di entrambe le braccia cammina con due protesi di mani che le arrivano alle ginocchia, a causa del fatto che si sono slacciate. mi chiede sigarette, poi si piscia sotto, infine poliziotto la picchia. confusione all'interno
- ho solo una giacca, e la maglietta di cotone. ho freddo. fumo tanto per fare qualcosa, bevo caffè, guardo la gente. confusione all'interno
- arriva un auto. grida dall'abitacolo. ne tirano fuori un vecchio scheletrico che urla ad intervalli costanti. lo depongono su una sedia a rotelle, per condurlo dentro. continua a gridare ritmicamente, tutto naso e pelle. una donna gli prende amorevolmente la testa tra le mani. lui mi guarda demente con occhi di animale terrorizzato. lo portano nel reparto. confusione all'interno.
- pizza mangiata in auto, nel cartone. confusione all'interno (di me)

10 novembre 2011

Un libro, una rivolta

Ho da poco letto Uomini e no, di Vittorini, comprato su una bancarella. Doveva essere la bibliotechina, intonsa, di qualcuno, ormai ceduta via: libri perfetti, mai aperti, tutti Oscar Mondadori. Hanno i bordi delle pagione ingiallite, la colla della rilegatura indurita, profumano di vecchio e di buono. Ne ho comprato qualcun altro. I primi titolli della collana, usciti nel 65, hanno come autori Hemingway, Cassola, Sartre, Buzzati, Steinbeck, Gogol, Wilson, Austen, Greene, Maugham...però, mi dico, non ci sono Coelho e De Carlo, e trovo la cosa consolante.

Giro la copertina del libro di Vittorini. Mi colpisce la descrizione della collana: "Gli Oscar, i libri-transistor che fanno biblioteca. [...] Gli Oscar sono i libri 1965 per gli italiani che lavorano: per gli operai, per i tecnici, per gli impiegati, per i funzionari, per i dirigenti, per i professionisti, per gli studenti, per la famiglia, per tutti i membri attivi e informati della società". Ecco, mi colpisce soprattutto quell'espressione: "per tutti i membri attivi e informati della società".

Sarebbe un buon antidoto in un'epoca e in un paese in cui il libro viene considerato al rango di una fuga dalla realtà per sempliciotti, per comunisti, per ragazzine, adatta a menti troppo romantiche, che non sono in grado di reggere all'urto di una post-modernità così compiaciutamente disordinata e violenta

Sarebbe bello pensare che in Italia la rivolta potesse iniziare dai libri.

09 novembre 2011

Il libro che sto leggendo...

"Adesso però", disse, "sciolta l'assemblea, dobbiamo mettere in pratica le decisioni assunte. Chi di voi vuole rivedere i propri congiunti, si ricordi di essere valoroso: non c'è altra soluzione. Chi vuol salvare la pelle, cerchi di vincere: i vincitori possono uccidere, i vinti solo morire. Chi poi vuole ricchezze, cerchi di prevalere: ai vincitori spetta di salvare i propri beni e di strappare quelli degli avversari".
Senofonte, Anabasi, III, 3, 39

07 novembre 2011

"Voglio guardare in faccia chi mi tradisce"

"Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". E' quello che avrebbe detto B. per sfidare la Camera a sfiduciarlo. Mi ha fatto molto pensare: ho rigirato questa frase tra le mie mani, ed essa mi ha mostrato i suoi diversi colori, come un cubo di Rubik che viene mescolato. Me ne sarei già dimenticato, se non fosse la frase che metteva sulla sua bacheca di facebook un mio amico, deputato della Camera nello stesso partito di B.: un ragazzo che ha la mia stessa età, e dunque in fondo ha diritto (ancora) a sbagliare. Ma mi ha fatto tristezza che una persone giovane e intelligente come lui stesse interpretando l'autunno del patriarca (mai letto?) come un capitolo di una saga che racconta la titanica lotta di un uomo solo contro le ostili forze del male.

Forse è per questo che il mio amico ripeteva: "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". Come se questa fosse una chiamata all'ordalia, con il suo grumo di sentimenti di orgoglio paura o desiderio di sangue, con il suo richiamo alla lealtà, o al cupio dissolvi. Come se questo grido di guerra, invitando a scendere sul concreto campo di battaglia della conta parlamentare, potesse opporre delle ragioni a quelle della dell'economia, della storia o del semplice buon senso. "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". Come se l'intervento del solo sguardo, simile al tocco dei re taumaturghi, potesse evitare ciò che non può essere evitato, o fermare la malattia che non può essere curata. Che non è la sfiducia al suo governo, ma una malattia economica, con ragioni storiche e sociali, che non può essere interrotta dal magico intervento di un singolo. Come se la politica prescindesse dalla forza dei fatti, e dallo scricchiolare che le ruote della storia fanno macinando i popoli. O forse no. Forse il mio amico scriveva: "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". Come se il tradimento, i rapporti e la lotta tra personalità, le psicologie, le cordate, le cabale, gli inciuci, fossero tutte categorie della politica. O anche: "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". Come se fosse uno slogan politico. Da mettere sotto il simbolo stampato sulla scheda elettorale. O, più elementarmente, un richiamo di largo respiro: tipo il sol dell'avvenire, bella ciao, o la necessità di avere la quarta sponda sul Mediterraneo.

Oppure no. In fondo, fino a questo punto, avevo prodotto solo interpretazioni benevole. Non ero completamente soddisfatto ma mi sembrava di non essermi allontanato dal puro centro della questione, dove a volte si addensano parole che non sempre si riescono a trovare. Ma poi un pensiero mi ha atterrito e stancato, un pensiero solo. "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce"... Come se fosse la frase sindonica, che accoglie, coagula ed espone il sacrificio del Giusto, dopo il Tradimento dei Giuda. Come se fosse "Allahu akbar" sulla bocca di folle sciite, dopo il martirio di Ali. I colpi di kalashnikov sparati contro il cielo. Il grido di folle deliranti.

Questo, solo questo pensiero, mi ha lasciato a confrontarmi da solo con una profonda sfiducia. E mi è passata la voglia di aspettare le buone notizie dei prossimi giorni.

02 novembre 2011

Test letterario



L'aria era più fredda di una bionda.
Queste parole sono tratte da:
a) "La luna e i falò" di C.Pavese
b) "Le foglie morte" di J.Prevert, nella traduzione di M.Cucchi
c) "Il ras del quartiere" di C.Vanzina, con D.Abatantuono

Un libro che ho letto

"In che modo uno spot pubblicitario di successo è in grado di influenzare il telespettatore?"
"Gli fa venire voglia di cambiare il suo modo di vivere."
"In che modo?" chiesi.
"Sposta la sua consapevolezza dalla prima alla terza persona. In questo paese c'è una terza persona universale, l'uomo che tutti vorremmo essere. La pubblicità ha scoperto quest'uomo. E lo usa per rappresentare le possibilità aperte al consumatore. Consumare in America non significa comprare, ma sognare. La pubblicità suggerisce che il sogno di diventare terza persona singolare è effettivamente realizzabile."
"Allora in che cosa si differenzia uno spot televisivo da un film? I film sono pieni zeppi di persone che tutti vorremmo essere."
"La pubblicità non va mai oltre la grandezza naturale. Cerca di non spingersi oltre il confine della fantasia; tanto è vero che spesso prende in giro certi temi dell'immaginario associati in genere ai film. Guarda, non c'è niente al mondo che ti impedisca di salire su un aereo della Eastern e andartene ad Acapulco per vivere due settimane di sesso e avventura con una dattilografa di Iowa City in vacanza. Ma la pubblicità non ti fa mai credere che tu lo possa fare con Ava Gardner. Solo Richard Burton può farlo. Si può cambiare la propria immagine, ma non l'immagine della donna che ci si porta a letto. E la pubblicità ha saputo commercializzare questa distinzione. Siamo riusciti a sfruttare i limiti dei sogni umani. E' la nostra conquista più importante."

Atroce, più moderno del postmoderno. Don DeLillo, Americana, Il Saggiatore Net


01 novembre 2011

La lune

Il diciottesimo arcano maggiore. Proprio come in un piccolo presepe, tante figurine si affollano in un paesaggio notturno, dominato da una luminosa luna crescente, nel quale il tempo sembra essere sospeso: una peschiera, due cani che abbaiano, un paesaggio con torri in lontananza. La scena è delicatamente immobile, come quelle, ingenue, che immaginavo io, bambino, quando mia nonna mi faceva sedere vicino e mi raccontava qualcuna delle sue fiabe in dialetto. La luna incanta gli animali fantastici che dormono sul fondo della peschiera, e li attira verso la superficie. Mia nonna era molto ricettiva, molto dolce: la ricordo ormai protetta dal suo orecchio duro, già abbastanza lontana dalle cose del mondo, muovere incessantemente le labbra, in silenzio, per recitare rosari. La carta della luna è femminile, legata alla nostra immaginazione, alla nostra ricettività. Mia nonna si alzava la mattina prestissimo, per andare in chiesa e pregare all'alba. Ci sono forze profonde, intuizioni, sepolte da qualche parte, che possiamo incantare e riportare a noi. Mia nonna, che mi amava molto, che era pazza di me.

10 ottobre 2011

Ferito a morte

La spigola, quell’ombra grigia profilata nell’azzurro, avanza verso di lui e pare immobile, sospesa, come un aereo quando lo vedi sbucare ancora silenzioso nel cerchio tranquillo del mattino. L’occhio fisso, di celluloide, il rilievo delle squame, la testa corrucciata di una maschera cinese - è vicina, vicinissima, a tiro. La Grande Occasione- L’aletta dell’arpione fa da mirino sulla linea smagliante del fucile, lo sguardo segue un punto tra le branchie e le spine dorsali. Sta per tirare - sarà più di dieci chili, attento, non si può sbagliare! - e la Cosa Temuta si ripete: una pigrizia maledetta che costringe il corpo a disobbedire, la vita che nel momento decisivo ti abbandona. Luccica lì, sul fondo di sabbia, la freccia inutile. La spigola passa lenta, come se lui non ci fosse, quasi potrebbe toccarla, e scompare in una zona d’ombra, nel buio degli scogli. Adesso sta inseguendo la Grande Occasione Mancata. Per lunghi oscuri corridoi sottomarini, ombre come alghe viola, e gelo in tutto il corpo. Man mano che si abitua a quel morto chiarore distingue le poltrone del salotto, il lungo tavolo di legno scuro, il paralume verde, il divano, la macchia di caffè sul cuscino giallo. La spigola deve essere scomparsa in qualche angolo buio, dietro quel cassettone o nella stanza di là, sotto il letto dove lui ora sta dormendo. Ma non importa più, ormai ci siamo, eccola La Scena. Si presenta sempre identica: lo sguardo di Carla che splende come un mattino tutto luce in fondo al mare, e lei così vicina - anche il battito del cuore! - vicina, con l’occhio marino aspettando. E poi offesa? stupita? incredula? prontamente disinvolta comunque, eccola di nuovo seduta sul letto pettinandosi, per sempre lontanissima, che tenta di superare l’imbarazzo. Lui la guarda mentre lei si pettina i capelli raccolti sulla nuca, bionda coda di cavallo oscillante - luminosi come sulla spiaggia nella note di Capodanno! - lui senza vita e un sorriso umiliato che copre il desiderio di morire. E i ragazzi, t’immagini le facce? le risate? le chiacchiere, se sapessero. Lui, solo, con La Grande Occasione Mancata, e tutti i loro occhi aperti sulla Scena.
 
Ferito a morte, Raffaele La Capria

03 ottobre 2011

Le memorie di Adriano

TRAHIT SUA QUEMQUE VOLUPTAS: ciascuno la sua china; ciascuno il suo fine, la sua ambizione se si vuole, il gusto più segreto, l’ideale più aperto. Il mio era racchiuso in questa parola: il bello, di così ardua definizione a onta di tutte le evidenze dei sensi e della vista. Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo.

M. Yourcenar, Le memorie di Adraino

01 ottobre 2011

Los adolescentes

La festa dei 4 anni e mezzo

Nel nogozio di carta e quanto serve per le feste, bimba viziatona con mammina viziatona.

Mammina: - Compriamo i tovaglioli?
Bimba: - No, abbiamo quelli belli dalla festa dei 4 anni e mezzo
Luca: "Cristo!..."

28 settembre 2011

La crisi nella metro


Leggere la crisi nella metropolitana.
Quando la prendevo alla stessa ora, giusto un anno fa, o anche più di recente, in primavera e in estate, la metropolitana era semplicemente zeppa. Ora no: ci sono soprattutto meno giovani. E non hanno certo aumentato le corse, in modo da diminuire l'affollamento.
Più semplicemente, molti di quelli che prima avevano un qualche lavoro precario adesso non ce l'hanno più, e dunque non hanno più neanche la necessità di prenderla, la mattina sul presto: i primi ad uscire dal mercato del lavoro sono stati i meno garantiti, cioè i ragazzi.
Dallo spazio che è rimasto nei vagoni, devo dire che sono moltissimi, i fantasmi rimasti a casa...

26 settembre 2011

PCI

Ieri mi è venuto di ricordare con affetto un mio anziano zio, nella top ten degli uomini più buoni del mondo, che era stato anche segretario di una sezione dell'MSI, e che un pomeriggio che gli ero stato affidato, era il 1979, mi indicò un manifesto del PCI, quello bello lo sfondo blu la falce e il martello, e mi disse che con quella falce  i comunisti tagliavano le teste ai bambini e poi se li mangiavano. Io avevo 5 anni. Ma non gli credetti.

16 settembre 2011

Transordomuti

Nel caldo umido africano dell'autobus affollato due giovanissimi trans sordomuti oscenità a gesti e parole smozzicate una ciurma di ragazzini sfottenti risate spintoni insulti urletti ricchioneschi l'autista incazzato che ferma il mezzo e si alza fuggi fuggi dei bambini ancora spintoni un vecchio cade a terra sputi dall'esterno verso l'interno del mezzo sputi dall'interno all'esterno insulti risate "higghiòò higghiòò". Il delirio.

15 settembre 2011

Almamegretta-nun te scurdà

Regate e vittorie sportive

Molti dicono che il sindaco De Magistris sta facendo male ad andare appresso a regate, oppure a compiacersi delle vittorie del Napoli. Dicono che dovrebbe pensare a cose più serie, e che Napoli ha ben altri problemi.
Secondo me, la vista corta e un pensiero pigro fa sbadigliare (me), oltre che fare sbagliare (loro). Il mondo contemporaneo ci consegna una situazione in cui, più che essere gli Stati a competere, sono in lotta tra di loro una sorta di città-stato, le quali creano o non creano le migliori condizioni per lo svolgimento delle attività economiche, e per il  mantenimento di più o meno alti standard di vita degli abitanti (Milano, Shangai, Pechino, Parigi, Londra, New York, Barcellona, San Francisco...quante ve ne vengono a mente?). Ogni area del mondo economicamente evoluta ruota attorno a una città-stato con una popolazione ben superiore ai due milioni di abitanti. Napoli, come città più importante del meridione d'Italia, non può e non deve fare eccezione, considerando l'intera cinta metropolitana, e arrivando a tre milioni di abitanti.
Per potere fare bene, per attrarre investimenti, in queste città-stato c'è bisogno di un clima di fiducia, di sguardo rivolto al futuro, c'è bisogno di credere di potere crescere ancora e ancora, e forse anche di euforia. E' per questo che le grandi città-stato fanno la corsa all'organizzazione di grandi eventi, e anche le vittorie sportive (specie se risultato di una lunga e paziente organizzazione, e non certo del genio individuale di un giocatore) possono fare da vetrina. Per cui bene ha fatto De Magistris ad andare in Inghilterra per cercare di recuperare le gare della Vuitton Cup, e magari anche per vedersi da vicino Manchester City-Napoli.

14 settembre 2011

La crisi al cesso

Prepotenti segnali di crisi. Per risparmiare, all'università dove lavoro hanno deciso di cambiare la fornitura di materiali di consumo con un diverso appalto. Ieri, al gabinetto, invece della usuale carta igienica bianca morbida a doppio velo, ho trovato una monovelo ruvida color beige. Che ha tutta l'aria non di essere riciclata, ma proprio di seconda mano.

12 settembre 2011

L'urgente visita a Bruxelles

B.: "Vado a Bruxelles per incontrare urgentemente il presidente del Parlamento Europeo, a causa delle opposizioni che hano creato un clima di confusione attorno alla manovra"
Buzek: "Non è una visita ufficiale, non gli dedicherò più di due minuti, per pura cortesia: ho già la giornata piena di impegni"

E' un appestato.

11 settembre 2011

L'uscita onorevole

Leggo che da più parti si è proposta un'uscita di scena di Berlusconi pilotata, con un salvacondotto per sé e le sue aziende. Sarebbe auspicato un tale accordo da frange del PdL che chiedono, anche se non ad alta voce, di voltare pagina; è certamente invocato dall'UdC, e alcuni settori del PD non sarebbero contrari pur di accelerare la transizione verson un paese normale.

Per quello che mi riguarda, assicurare salvacondotti giudiziari per B. non è altro che una maniera alternativa di ammettere che in tutti questi anni egli ha singolarmente operato per il male, per gli interessi suoi e di tutta la corte di famigli, nani e ballerine che ha usato per incancrenire la società italiana, e puttaneggiare invece di mettere mano al lento declino del Paese. Mi piacerebbe sapere da che parte stavano della barricata, intendo la barricata della giustizia e della legalità, o semplicemente del buon senso, coloro che adesso segretamente invocano una svolta, ma che finora hanno sostenuto il Presidente, spargendone la Triste Novella.

Secondo me, l'unica uscita di scena possibile per B., dato che evidentemente non si farà mai tradurre in carcere, è una lunghissima vacanza in una delle proprietà che possiede all'estero, in qualche repubblica delle banane. E' l'esilio, è l'unico salvacondotto possibile. E anche per i suoi famigli che protestano.

"Mi piace"

Quelli che ti scrivono un commento su Facebook e poi si cliccano da soli "mi piace".

10 settembre 2011

Un barista bambino

Qualche giorno fa sono stato nella casa dove ho abitato per molti anni con i miei genitori, per andare a preparare gli ultimi scatoloni di libri che porterò dove mi sono trasferito, insieme a qualche mobile. Centinaia e centinaia di libri: è stata un'autentica faticaccia, e molti, tre cartoni, li ho regalati a un signore che ha la bancarella a Corso ***, e che campa di libri usati e di occasione, venduti a uno o a due euro. Per altro, il giorno dopo ci sono anche passato davanti, ed è stato curioso vedere una piccola folla di curiosi sfogliare proprio i miei libri: un signore ne aveva quattro sotto il braccio (credo fossero Teresa Batista stanca di guerra, di Jorge Amado, un vecchio manualetto di Oceanografia, un numero speciale di Micromega e non ricordo manco cos'altro... insomma, cazzate). Nella casa ormai vuota, senza luce né gas, mio padre mi ha raggiunto per darmi una mano con i libri, e per fare le ultime pulizie. Durante quelle ore passate a lavorare insieme mi ha raccontato cose che non mi aveva mai detto prima, come certe storielle che risalgono a quando lui aveva 10 anni e faceva il barista, nel 1948. Cioè, lui non è che faceva proprio il barista e, ovviamente, a 10 anni non stava alla macchina dell'espresso. Papà era "banconista". Da quel che ho capito, preparava i vassoi con le cose da servire sopra, ed eventualmente li portava fuori dal bar se c'era da sbrigare la commissione.
Pare che il primo bar dove avesse lavorato, una volta uscito dal collegio di Portici, stesse a Corso ***, a Napoli: esiste ancora, e ora si chiama "'Na tazzulella 'e cafè" (guarda caso). Questo bar aveva, e mantiene, una caratteristica: per entrare bisogna salire un alto gradino che lo separa dal marciapiede. Papà dice che all'epoca passava spesso fuori dal bar un nano, estremamente piccolo, che portava dei pantaloni di alcune taglie più grandi, e con delle grosse tasche. Questa persona si affacciava al bar, senza salire il gradino, e chiedeva l'elemosina: la padrona del bar dava un paio di monetine a mio padre, e lui le lanciava facendole rotolare luungo il bar, verso l'ingresso. Secondo papà, le monetine, dopo avere viaggiato rasoterra, cascavano dal gradino per infilarsi diettamente nella tasca del nano, che intanto la teneva bella allargata. Vabbè, ho pensato io.
Da quel bar papà fu cacciato. Un giorno che doveva servire del seltz col sifone a un signore, l'erogatore gli sfuggì di mano, annacquando il viso e l'abito del cliente. La padrona non la prese bene, e dopo un cazziatone interminabile licenziò mio padre su due piedi. All'epoca non c'era l'articolo 18. E neanche Sacconi, se è per questo.
Papà cambiò padrona, anzi, padrone, nel senso che non cambiò il sesso ma le moltiplicò. Andò a lavorare dalle "signorine francesi", che avevano due bar, uno a via dei ***, di fronte al Palazzo ***, e l'altro a via ***, poco dopo piazza San ***. Non ho confessato a papà il mio sospetto che le signorine francesi (chissà come mai erano a Napoli) facessero un altro mestiere prima di aprire i due bar, appunto con i proventi del lavoro precedente. Forse ho solo malignato tra me e me, forse ci ho azzeccato. Comunque papà abitava in quella che all'epoca si chiamava Resina, e che solo successivamente ha preso il nome di Ercolano, per fare piacere ai turisti che altrimenti non sapevano bene dove scendere con la Circumvesuviana. Per tornare a casa, papà doveva prendere due tram, il 34 urbano, che dalla Riviera di Chiaia portava a piazza Municipio, e il 55 suburbano, che da piazza Municipio conduceva a Resina, a 11 km di distanza. Papà questo tragitto lo compiva alle 22, e regolarmente si addormentava nel tram. Il secondo tram, perchè papà faceva solo questo biglietto: le signorine, gli davano i soldi per entambi i mezzi, ma lui preferiva intascarsene una parte, e così viaggiava appeso sul respingente del numero 34, dove ovviamente non poteva addormentarsi.
(Apro un inciso. La storia dei ragazzini appesi ai mezzi pubblici a Napoli è vera. O meglio, lo è stata senz'altro. Se non altro perchè ricordo di averli visti anche io, appesi ai tram, prima del terremoto, avrò avuto cinque anni. Poi, nell'ottanta, col terremoto fermarono i tram, credo per via delle vibrazioni comunicate ai palazzi pericolanti. E non rimasero mezzi pubblici atti ad appendersi per molti anni. Quando ripartirono, la moda ultradecennale era ormai passata)
Papà mi ha detto che, appeso al 34, svitava le lampadine posteriori del tram, e le infilava nel giubbino. Una volta portate a casa, provava ad accenderle, ma ronzavano dando una luce molto fioca. Per via della tensione casalinga più bassa, mi h detto. Gli ho creduto. In ogni caso, il nostro amico bambino di 10 anni alle 22 si addormentava nel 55 diretto a Portici ed Ercolano. Dato che il piccolino era basso di statura, non sempre era visibile da dietro al sedile sul quale si addormentava, per cui succedeva che lo conducessero fino allo stazionamento, e che da lì lo riportassero dopo qualche ora a Napoli. Magari un paio di volte in una notte. Appunto, capitò una notte in cui un controllore lo salvò dal fare avanti e indietro fino al mattino, e alle 3  lo mise su un mezzo che passasse non dico vicino casa, ma almeno non troppo lontano.

Immaginate la nonna, sveglia, che aspettava ai 4 Orologi il piccolo lavoratore decenne.

08 settembre 2011

03 settembre 2011

Ha detto mio cugino

Ha detto mio cugino: "Anche quelle poverette, che da semplici escort si sono ritrovate zoccole da un giorno all' altro."

Suor Carla! Suor Carla!

Vi racconto una storia. Forse non lo sapete, ma io ho fatto le elementari dalle suore a Corso ***, a Napoli. Beh, dalla prima alla quarta io ebbi come maestra suor Carla: il quarto anno, avevo 9 anni, suor Carla era strana, ci faceva studiare di meno, sorrideva molto, spesso a sproposito, arrossiva, piroettava nel suo nuovo abito grigio da suora... "come sto?" diceva alla classe, e poi faceva un pirulè.

Un bel giorno, era estate, il mi oquarto anno era appena finito, e suor Carla la si vide fuori dal parrucchiere sotto casa mia, a via ***. Era venuta dalla cugina, che abitava dalle mie parti, per spogliarsi degli abiti sacri e per farsi la sua prima messa in piega dopo anni, forse decenni.

Il fatto è che la sua migliore amica, mesi addietro, era morta. Proprio quell'amica che aveva sposato l'uomo di cui suor Carla era stata innamorata in gioventù, e per il quale era entrata in convento. Al funerale della donna si erano rivisti, suor Carla e quest'uomo, e col passare dei mesi si erano rimessi a parlare, ricordare... chissà cosa si saranno detti... sta di fatto che sbocciò o risbocciò l'amore, e credo anche che tempo dopo si sposassero.

Questa storia non significa niente, e non credo ci insegni niente. Non ha a che fare con le suore, non ha a che fare con i casi e i casini della vita, nè ha a che fare con la questione di prendere decisioni che hanno grande significato per la propria esistenza. E' solo un mio ricordo di quand'ero bambino, e stando sul balcone vidi la mia maestra sotto il palazzo, per cui gridai "Suor Carla! Suor Carla!": lei mi fece ciao e se ne andò.

Ma è una storia bella lo stesso (e manco so perchè.. come mai è bella per me?), e oggi guardando un filmato sull'opera di missionarie africane, mi è tornata in mente.

02 settembre 2011

L'utilizzatore finale

B.: 'Tra qualche mese me ne vado... vado via da questo paese di merda... di cui... sono nauseato... punto e basta..."
 L'utilizzatore finale di un paese di merda. Un pò come quelli che vanno a puttane perchè le disprezzano.

31 agosto 2011

I Am Legend (Piano) - My name is Robert Neville

Brian Eno - By This River

La piantina gialla

Dunque, sul terrazzo io ho una piccola piantina che produce delicati fiori gialli, in un vasetto di plastica, a sua volta infilato in un vaso di creta, senza buchi sul fondo per il drenaggio dell'acqua. Durante la mia assenza per le vacanze ho chiesto ad amici, che si trovavano in città, di dare un pò d'acqua alle piante dopo il tramonto. Hanno svolto il compito con grande solerzia, ogni sera, ma senza controllare che le radici non rimanessero immerse nell'acqua a causa della mancanza di buchi sul fondo del vaso di creta.
Quando sono tornato, la pianta era morente, per le radici troppo tempo a mollo. Il terreno era zuppo, al punto che sollevando il vasetto di platica la mancanza di consistenza di quella fanghiglia non ha fatto precipitare la pianta a terra, sradicata da sola.
Io ho molta fiducia nella voglia di vivere delle piantine che producono fiori gialli. E così ho drenato il terreno, ho scavato con le mani un buchetto, ci ho rimesso a dimora la piantina, le ho parlato un pò, ho reinfilato il vasetto di plastica nel sostegno di creta, e da allora sto attento a darle un pò d'acqua, solo quel che serve, in maniera discreta, senza esagerare.

La piantina è tornata a donarmi i suoi piccoli fiori gialli...

18 agosto 2011

Il libro che sto leggendo...

Prima di venirci a vivere, era stato soprattutto mio padre a parlarmi della città. Aveva un ufficio in piazza Municipio, e quando il suo lavoro lo portava a Napoli ci andava molto volentieri. Era solito fare i suoi acquisti in città, e una volta comprò un impermeabile, dimenticandolo in macchina. Quando tornò, non c'era più, glielo avevano rubato. Se ne era subito comprato un altro, ma meno importante e meno costoso.
Quando tornò a casa, mostrando il nuovo acquisto, raccontava del bellissimo impermeabile rubato: nel suo racconto non c'era né rabbia né rancore, Napoli era anche questo, e lui lo accettava. Chissà se qualcuno sta ancora portando un impermeabile sdrucito, in giro per le strade di Napoli, l'ombra dell'indumento rubato a mio padre. E' un'immagine che mi piace, nella quale sento qualcosa che riguarda non solo mio padre com'era, ma anche la città.
A quest'immagine ne collego un'altra: quella della prima fine dell'anno passata a Napoli. A mezzanotte il terremoto di luci e di scoppi ci colse di sorpresa. La famiglia si riunì sul balcone in preda allo stupore, mio padre buttò giù bicchieri e quel che gli veniva sotto mano. Era visibilmente felice.

Silvio Perrella, Giùnapoli, Neri Pozza.

15 agosto 2011

Una quartina di Khayyam

Null’altro siamo che non parte del gioco,
muoviamo su una scacchiera di giorni e notti;
ad ogni mossa un pezzo cade preso,
la partita continua mentre noi veniamo riposti.

14 agosto 2011

Il momento giusto per avere 16 anni

Insomma, starò scrivendo una cazzata, sicuro, ma a me sembra che si sta appressando un clima più o meno da fine del mondo come quello che si respirava in Inghilterra alla fine dei '70 - inizio degli '80. Con una manica di stronzi al posto della Tatcher. Chissà se non ci aspetta anche un Blair :-)

Comunque, questo mi sembra proprio il momento giusto per avere 16 anni. Che in questo casino la creatività sia con voi, perchè a noi che abbiamo 30 anni ce l'hanno rubata.

Art Of Noise - Moments In Love

05 agosto 2011

Il libro che sto leggendo

Andò al balcone e guardò il flusso silenzioso di auto che percorrevano il Sunset Strip. Si chiese per un istante dove stesse andando tutta quella gente, poi tornò alla sua venitreesima amante e raccolse le braccia e le gambe amputate. Le portò al balcone e le gettò al mondo, una dopo l'altra, guardandole sparire zavorrate dalla sua forza.
Ora rimanevano solo testa e tronco. Lasciò quest'ultimo dov'era e avvolse la testa in un giornale, poi la mise nella borsa della spesa. Con un sospiro, uscì dall'appartamento, e percorse il palazzo, uscendo in strada. Quando fu giù si tolse l'abito di Peggy Morton, poi la parrucca e il cappello egettò tutto in un vicolo, consapevole di avere affrontato l'equivalente di tutte le guerre della razz umana e di esserne uscito vincitore.
Tolse il suo trofeo dalla borsa e percorse il marciapiede. All'angolo vide una Cadillac splendida e bianchissima. Sistemò la testa di Peggy Morton sul cofano.

James Ellroy, Le strade dell'innocenza

04 agosto 2011

Noi possiamo essere tutto ciò che vogliamo


Lo so che è del tutto incongruo, ma oggi mi è venuto in mente un ricordo di tanto tempo fa. Era un 9 marzo, il giorno dopo la cosiddetta Festa della Donna: aspettavo il mezzo pubblico alla palina, quando alla fermata di fronte scese da un autobus una giovane trans, magrissima, scarmigliata, maltruccata e ondeggiante sui tacchi troppo alti. Ma camminava sognante, sorridendo tra sé e sé, con un mazzo di mimose in mano.

Noi possiamo essere tutto ciò che vogliamo...

31 luglio 2011

Riempirmi di luce


I piedi sull'erba del giardino, circondato di limoni, nel palazzo del trecento che si libra nell'aria, col mare cinquanta metri sotto di me. Il sistema di irrigazione arabo che mormora continuo, fresco, e che alimenta la piccola piscina accanto. Decine di api cicciottelle si posano instancabili su un fiore alla volta, mentre due farfalle litigano in volo.

Riempirmi di luce.

Il tempo è un'emozione bidimensionale



Il tempo è un'emozione bi-dimensionale

20 luglio 2011

La tempesta perfetta

La camera dei deputati ha votato per concedere l'arresto dell'onorevole Papa (PdL), implicato nello scandalo della cosidetta Loggia P4. Invece, il Senato ha rifiutato l'arresto del senatore Tedesco (PD), indiziato in una storia di mazzette della sanità pugliese.
Il fatto è grosso assai, perchè alla Camera la Lega ha votato per l'arresto del deputato PdL, nonostante Bossi fosse dubbioso. Addirittura, durante il voto, Maroni si è venuto a sedere tra i banchi della Lega invece di sedere agli scranni del governo. Insomma, Bossi è per mantenere l'esperienza di alleanza con il PdL, se non altro per affetto nei confronti di Silvio, mentre c'è una buona fetta di base elettorale sua che si è scassata il cazzo di Berlusconi.

Sta per scatenarsi la tempesta perfetta...

19 luglio 2011

Due anni

1976. Ho due anni.

Papà: "Vieni a papà tuo".
Luca corre: "...attùo attùo...".
Colleghi di papà: "Arturo Arturo..."

Capire Napoli

Napoli è la più misteriosa città d'Europa, è la sola città del mondo antico che non sia perita come Ilio, come Ninive, come Babilonia. È la sola città del mondo che non è affondata nell'immane naufragio della civiltà antica. Napoli è una Pompei che non è stata mai sepolta. Non è una città: è un mondo. Il mondo antico, precristiano, rimasto intatto alla superficie del mondo moderno. Napoli è l'altra Europa. Che, ripeto, la ragione cartesiana non può penetrare. [...] Non potete capire Napoli, non capirete mai Napoli.

Curzio Malaparte, La pelle.

18 luglio 2011

Tucidide vs LaCasta

Mi si contesterà che il governo popolare non obbedisce alla ragione, e non è equanime, mentre chi possiede i capitali è anche il più idoneo a praticare il potere. E io obietto: in primo luogo, con il termine popolo s'intende la collettività statale, con oligarchia un solo ramo di essa; secondariamente, i possidenti sono senza dubbio gli amministratori più adatti ma del potere finanziario; mentre la politica più avveduta è privilegio di chi usa il cervello, e la più adatta a distinguere i propositi di più alta utilità è la maggioranza, dopo che su di essi ha seguito il dibattito, infine queste tre componenti della vita politica cittadina godono senza distinzioni, sia singolarmente considerate sia in seno all'organismo della comunità, la perfetta uguaglianza di diritti che è peculiare dei regimi democratici. Per contro l'oligarchia trascina con sé la maggioranza nei pericoli, mentre dei profitti non solo inghiotte la miglior parte, ma se li appropria in blocco, e non li cede.

Tucidide, La guerra del Peleponneso,  VI - 39

11 luglio 2011

Non cambiate canale

La Merkel telefona a Berlusconi, e così dà un segnale rassicurante ai mercati. Di fatto mette il governo pressoché in mora. Lui dichiara di essere stanco e che presto passerà la mano al delfino, che presto verrà sbranato dai Verdini, Scaiola, La Russa... Le opposizioni chiariscono che su pochi punti qualificanti di una manovra che fa completamente schifo troveranno le convergenze per emendamenti, e trattano sotto banco per l'incidente parlamentare, forse con la manina lunga di Pisanu.
Si tratta, in particolare, su chi dovrà salvarsi dal diluvio (perchè ci sarà il diluvio) e chi dovrà essere sommerso. E a quanto pare dall'arca di Noè è disceso Tremonti, la cui distanza dalla salvezza è solo quella che lo separa dall'approvazione della manovra. Dopodichè governo a casa, e deflagreranno anche le indagini su di lui, fino a qui condotte senza troppa pubblicità.

Non cambiate canale. La fine dell?talia così come la abbiamo conosciuta per 15 anni, su questi schermi.

Feccia

L'Italia affonda sulle piazze finanziarie e il Grande Puttaniere, dopo avere governato 8 degli ultimi 10 anni, e avere televenduto mniracoli, tace. Intanto dei buffoni vestiti di verde come i teletubbies blaterano di ministeri a Monza. Quando tutta questa feccia se ne sarà andata in esilio sarà sempre troppo tardi.

08 luglio 2011

Napoletanità/3

In metropolitana, un vecchietto di 81 anni: "Quello l'onorevole Bossi vuole la divisione dell'Italia. E noi invece dovremmo fare... la moltiplicazione"

05 luglio 2011

Proverbio di nonna Cicci

Diceva mia nonna Cicci: "Alle 7 s'aiza lo studente, alle 8 tutte'quante, alle 9 la poltroneria, e alle 10 la purcarìa"

03 luglio 2011

Sabrina


Einstürzende Neubauten - Sabrina

Le preghiere a Virgilio

Così, avendo una mezzoretta di tempo a disposizione, mi sono inerpicato lungo la stretta scalinata che dal livello della Galleria 4 Giornate porta qualche metro più su, dove c'è il colombario romano che tradizionalmente viene indicato come tomba di Virgilio. Che Virgilio fosse stato sepolto a Napoli, è sicuro: c'era vissuto, qui era stato sereno, vi aveva studiato, e forse aggiornato tutti quei brani dell'Eneide che avevano come sfondo la natura dei Campi Flegrei. Che l'attribuzione di quel certo colombario a sua tomba non fosse totalmente campata in aria, pure è sicuro: si sa che la tomba era posta sul secondo miglio della via Puteolana. Un pò come dire non lontano dall'inizio della Riviera di Chiaia, ed è vero che ci troviamo alla fine della Riviera, subito dopo la Torretta, ma non siamo certo a Capo Posillipo. Che la tomba avesse un significato per molte persone fededegne, è strasicuro: Stazio, Plinio il Giovane, Silio Italico (che ci tornava il 15 ottobre, giorno della nascita di Virgilio), Petrarca, Boccaccio.
La tomba di Virgilio, se non ci siete mai stati, potreste probabilmente immaginarla come un inglese del '700, canti ossianici sotto braccio e guida del Grand Tour in mano, immaginava dovesse essere una tomba romana in rovina.


Invece ha quest'aspetto qui. Serenamente anonimo, circondata dal verde e dal silenzio, pur se adesso nel pieno centro della città, non lontano dal traffico di Mergellina. E la collina, qualche metro più su, è coltivata a limoni e vigne (la vedete la casa in cima, nella foto, con il suo giardino digradante?), per cui invidio i tre pensionati che ci vivono zappettando i loro quattro metri quadri di terra.


Il piccolo parco che la circonda (che per inciso contiene anche il cenotafio di Leopardi per cui, se siete malati di poesia, andateci) è piuttosto curato. La visita vale la pena anche solo per la terrazza immediatamente al di sopra del colombario, e che fornisce un punto di vista dal quale godere, seminascosto dal verde, un panorama mozzafiato del Golfo, Castel dell'Ovo e il Vesuvio.

Io, per parte mia, ci sono andato per soddisfare una curiosità. Mesi fa, quando visitai per la prima volta la tomba di Virgilio, mi trovai davanti alla sorpresa di un tripode di bronzo, collocato nella tomba, con all'interno resti di alloro, petali di rose e cenere. La prima cosa cui mi venne da pensare è che quelli fossero resti di offerte. Avevo infatti sentito di un certo revival delle religioni gentili (ad esempio il dodecateismo, o la via romana agli dei), e subito pensai che quei petali ne fossero la testimonianza. Successivamente, mi sono imbattuto in una serie di leggende, poco note oggi, ma a quanto pare molto famose in Europa durante il medioevo, che rendevano Virgilio una specie di Merlino ante-litteram, protagonista di miracoli e magie a beneficio della città di Napoli: tali leggende erano probabilmente il frutto del ricordo di un vero e proprio culto della figura di Virgilio (e le visite periodiche di Silio Italico alla tomba di Virgilio farebbero pensare proprio a qualcosa del genere). Ne avevo concluso, frettolosamente, che quello che starebbe avvenendo adesso sarebbe una ripresa colta, in chiave neopagana, di antiche tradizioni popolari napoletane: ripresa sterile e forzosa, nel mio giudizio formulato lì per lì, come è sterile e sforzata la ripresa della festa di Piedigrotta da parte della Iervolino.

Beh, sono stato clamorosamente smentito dalla mia seconda visita. Il tripode, questa volta, era pieno di bigliettini di carta, strappati da quaderni, o anche ricavati da cleenex. Scritti in diverse ligue (caratteri cirillici, francese, inglese, tedesco, spagnolo, latino, italiano, napoletano), recavano saluti, parole di ricordo, ma anche preghiere. C'era così la ragazza che chiedeva (a Virgilio!) di potere trovare un fidanzato e formare una famiglia. C'era chi chiedeva salute. Ce n'erano un paio che chiedevano per sè più creatività per il mestiere intellettuale che facevano, come se Virgilio fosse un santo protettore dei poeti. E poi bigliettini di fidanzati, che insieme celebravano Virgilio e insieme il loro amore.
Perciò, ora posso dire che intorno alla tomba di Virgilio si è  sviluppato, forse di recente, forse proprio stimolato dai resti di riti neopagani, qualcosa a metà tra il pellegrinaggio sentimentale e il vero e proprio culto popolare. Culto colto, mi ha suggerito mio fratello. E comunque parente di altri culti popolari che possono essere ritrovati ancora a Napoli, o che potevano essere ritrovati fino a poco tempo fa: le anime del Purgatorio, San Gennaro, San Raffaele e il bacio del suo pesce, i riti della notte di San Giovanni, le lettere con le richieste attaccate sull'albero di Natale alla Stazione Centrale o nella Galleria Umberto I. E solo adesso ho scoperto che la cosa aveva già interessato i giornali nei mesi addietro (per esempio qui).
E credo che la cosa, nei prossimi mesi, potrebbe avere ulteriori evoluzioni...

30 giugno 2011

Per una volta la Lega ha ragione

Per una volta la Lega ha ragione: non c'è alcuna possibilità che i rifiuti di Napoli possano uscire dalla Regione. Perché non c'è alcuna possibilità che i rifiuti di Napoli cambino codice CER. Altrimenti sarebbe un pòcome trasformare l'acqua in vino. Il che, a meno che non sia un miracolo, è un imbroglio.
Riguardo al divieto di fare uscire dalla Campania il rifiuto urbano qui prodotto, devo farvi osservare che l’art. 182 del D.Lgs. n. 152/2006, al comma 3, stabilisce che “È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano”, almeno nella forma recentemente modificata dal Decreto Legislativo 205/2010.
Cioè, la munnezza campana, compresa quella napletana, dalla Campania non può e non deve uscire. Ed oggi, per legge, non si potrebbe fare qualcosa come quello che l'Emilia Romagna fece nel 1995, e cioè accogliere diverse migliaia di tonnellate di rifiuti prodotti a Milano.
Data la limpidezza della cosa, perchè la Lega si sta assestando su una sorta di linea del Piave (al contrario)? Perchè sta tentando di difendere un principio di legalità, al quale da più parti si chiede di soprassedere, mediante la distorsione dell'uso dei codici CER. Il codice CER è un numero di identificazione, istituito con Decione Comunitaria dalla Commissione Europea, che serve a classificare il tipo di rifiuto: i rifiuti urbani sono classificati con codice CER 20. Come voi facilmente potete immaginare, se prendete la munnezza e la sminuzzate, quella sempre munnezza rimane. Beh, quello che si sta da più parti chiedendo al Governo, è di dare un indirizzo interpretativo secondo il quale se sminuzzate in un impianto di tritovagliatura la munnezza, da munnezza che è (CER 20) la fate diventare "rifiuto prodotto da impianti di trattamento dei rifiuti" (CER 19), il quale può invece essere prtato fuori regione per motivi che qui non vi sto a spiegare.
Ovviamente, la sminuzzatura non è un vero trattamento del rifiuto, perchè di fatto lo lascia tal quale (sentenza TAR Lazio Sez. I Ter, 31 maggio 2011 n°4195). E per farvi capire il CER 19 a che tipo di trattamenti fa riferimento, ricopio per voi:
- rifiuti da incenerimento o pirolisi dei rifiuti
- rifiuti prodotti da specifici trattamenti fisico-chimici di rifiuti industriali
- rifiuti stabilizzati/solidificati
- rifiuti vetrificati e rifiuti di vetrificazione
eccetera. Insomma, niente sminuzzamento.

Dunque, che fare? Nell'immediato, bisogna aprire o riaprire ai rifiuti napoletani le discariche campane che non li accolgono più, e predisporre il sistema di compensazioni ambientali relativo: questo per tamponare l'emergenza, nei prossimi mesi. Infine, accelerare la realizzazione dell'inceneritore di Napoli Est: su questo punto De Magistris dovrà cedere, con le cattive, se non con le buone. E finanziare la differenziata porta a porta anche nel centro storico e nelle periferie: perchè a Napoli, nei tre quartieri-pilota dove la differenziata è partita da tempo, essa ha avuto successo, e di fatto in questo momento la munnezza non c'è (cosa che ai telegiornali non dicono). Per esempio, ai Colli Aminei, dove abita mio zio (che mi ha testimoniato che l'immondizia non c'è), la differenziata è stata nel 2010 sull'allucinante media del 70%: come dire che se ai napoletani date i cassonetti, loro cominciano anche a volergli bene.
Chi finanzierà queste operazioni a costo non-zero? Col massimo della chiarezza, mi pare di poter dire che, con le buone o con le cattive, questa cosa la dovranno fare alcune Regioni del Nord, come parziale risarcimento dei problemi generati dallo smaltimento clandestino in Campania dei rifiuti tossici settentrionali: l'epidemia di alcuni tumori nelle province di Napoli e Caserta, ben oltre le medie nazionali (dati certificati OMS) ha origini che sono ora ben note. Del resto, con la pelosa strionzaggine che ha, Bossi saà certamente più disposto a sganciare quattrini che a fare salire sacchette.
Certo, direte voi, tutto facile. E perchè ciò non è stato fatto? Come vi è chiaro, differenziata o no, almeno una parte dell'immondizia non può che andare a discarica. Attualmente non sembra facile aprire discariche all'interno del Comune di Napoli. Per capire perchè vi do qualche dato. La Provincia di Napoli ha una superficie di 1171 kmq, pari a meno del 9% della superficie della Campania. Ma ha 3 dei 5 milioni di abitanti della regione, vale a dire il 60%. A sua volta, il Comune di Napoli ha una superficie di 117 kmq, con un milione di abitanti: cioè il 20% degli abitanti della Campania in meno dell'1% della superficie. E molte delle sue aree a verde già sono state ridotte a immondezzaio.A Napoli c'erano alcune discariche (esempio: Pianura) le quali sono state chiuse da tempo perchè sature. Delle sette attualmente aperte in Campania, due sono in provincia di Napoli: Chiaiano, quasi satura, e Terzigno, che però a seguito delle proteste degli abitanti non accoglie più i rifiuti di Napoli. E Chiaiano si trova praticamente in città, vicino all'area protetta degli Astroni, e a un paio di chilometri dalla Zona Ospedaliera (Cardarelli in testa).
Le cinque discariche rimanenti non accettano i rifiuti di Napoli. Perchè la Campania non vuole l'immondizia di Napoli. Anzi, non vuole neanche l'immondizia di Salerno (che la differenziata la fa da tempo, e con successo, ma che fra breve si troverà nei guai). I campani non vogliono che Napoli diventi un loro problema, sono stufi di essere confusi con i napoletani ("non sono napoletano, sono cilentano/irpino/sannita") con i quali non hanno in comune neanche il dialetto. Perchè la cosa che non passa sui telegiornali, e a me pare incredibile di quanto sia scarsa la perizia con la quale la realtà viene raccontata alla nazione, è che in Campania è in atto una guerra tra centro e periferia. In particolare, tra un centro povero, abitato densamente, severamente colpito dalla criminalità,e una periferia più ricca, scarsamente abitata, e che se potesse se ne andrebbe con qualcuna delle regioni confinanti (i cilentani vgliono andarsene con la Basilicata, i sanniti con la Puglia).
E io, che la mattina faccio lo slalom tra montagne di immondizia, in questa guerra anche culturale ci vado di mezzo.

26 giugno 2011

Il profumo delle vecchie zie

Stamattina, dato che era capitato lì, mi sono fatto la doccia con un pezzo di sapne di marsiglia. Infine ho usato il deodorante al talco. E adesso ho il profumo buono di bucato delle vecchie zie di una volta.

22 giugno 2011

Aprire la portiera a una signora

Aprire la portiera dell'auto a una signora. La virilità del gesto non sta nella galanteria di evitarle la fatica di aprire, quanto nella perentorietà con cui le si propone una strada che lei seguirà...

19 giugno 2011

Napoletanità/2

E così mi sono messo in testa di parlare di napoletanità, fin da questo post, un pò perchè in effetti l'idea di fissare certe mie considerazioni ce l'avevo da un pò di tempo, un pò perchè sono stato stimolato da qualche discussione avuta. E dato che l'argomento mi sembra piuttosto sfuggente, mi sono convinto che forse non dovrei procedere con un'argomentazione diretta, che parli di storia geografia clima alimentazione (mal)educazione cultura o arte, ma che dovrei piuttosto sommare indizi su indizi, affinchè nel lettore si formi la stessa idea (amorfa) che so essere da qualche parte nascosta nella mia testa. Idea che non conosco ancora, ovviamente ;-) Oggi dovrete subirvi la mia tirata sul Ricordo: la prossima volta potrebbe andarvi peggio. Col Ricordo si va dritti al cuore della napoletanità.

***

Cos'è il Ricordo? Per capire cos'è, dovete prima capire che il napoletano non ricorda, ma Ricorda. Il Ricordo è la struttura stessa della napoletanità, ed è il Ricordo a rendere la napoletanità atemporale.
Così, tanto per fare un esempio, se il napoletano non colleziona guaches del Vesuvio fumante (partendo dunque dalla forma culturale semi-alta del Ricordo), vi parlerà però di quando da bambino vedeva il pennacchio sul Vesuvio (inserendo dunque il proprio ricordo in un comune patrimonio di Ricordi, strutturato in forma di napoletanità), oppure citerà un parente (deceduto, e ciò è necessario) che il pennacchio lo ha visto (Ricordo di seconda mano, ancora una volta strutturato culturalmente), oppure vi citerà un proverbio in cui il Vesuvio emette fumo (quindi un ricordo di decimillesima mano: e il proverbio sarà pure arguto, per cui il napoletano sfoggerà anche argutezza, come gli si conviene, ma di decimillesima mano). Perchè se ai napoletani qualcuno non avesse detto che dovrebbero Ricordare il Vesuvio col pennacchio, col cacchio che loro se lo ricorderebbero.
Nel Ricordo la napoletanità rimira se stessa, ma spostata indietro nel tempo, e si compiace di tale modello, cui tenta di somigliare, cercando in essa gli indizi di ciò che diventerà poi. Il Ricordo è l'essenza di ogni decadenza, per quanto dorata. Infatti, ogni società in ascesa è fondamentalmente smemorata: e la napoletanità voi di certo non ammettereste abbia vinto la battaglia della modernità. Per cui essa preferisce Ricordare (e non certo ricordare) il bel tempo che fu. Il Ricordo serve a rendere sopportabile il presente, reinventando il Passato. Cito a memoria, e forse sbaglio, ma mi pare di ricordare (o sto Ricordando?) che Giuseppe Patroni Griffi, come incipit del suo "La morte della bellezza", scrivesse: "Quant'era bella Napoli quarant'anni fa". Senza le luci, per via dell'oscuramento, nel blu dell'alba, sotto i bombardamenti! E forse Patroni Griffi confrontava con la mente la città amorfa e priva di contenitore che Napoli era ormai diventata negli anni 70 con la città, concentrata, conclusa in sè, che ancora durante la seconda guerra mondiale era assediata da colline verdi che insinuavano dita di lotti terrazzati e coltivati a vigna tra un rione periferico e l'altro. Nella memoria di Patroni Griffi la Napoli sotto i bombardamenti era meglio della Napoli che si sarebbe vista dopo. Perchè il prima è sempre meglio del poi, nell'ottica del Ricordo.
Per altro, il Ricordo non ha bisogno di dati precisi, e ha la licenza di modificare quasi a suo piacimento i documenti e i fatti storici. Così, il napoletano probabilmente Ricorda di avere letto da qualche parte che la prima ferrovia italiana è stata la Napoli-Portici. Ma non ricorda che al momento dell'Unità d'Italia la rete ferroviaria al Nord era molto più estesa di quella meridionale.
Il Ricordo genera la Tradizione. La quale a sua volta dà luogo a uno sforzo talmente ossessivo e concentrico circa le proprie origini, che potrebbe venirvi il dubbio che la figlia stia tentando di partorire la madre. Da qui discendono, come immediata conseguenza, una serie di (a volte gustosi) dettagli. In ogni famiglia, si fa a gara per preparare la pastiera più tradizionale. E chi la fa come la faceva la trisavola vince su chi la fa seguendo la ricetta della nonna. Si cerca di recuperare il dialetto. E ci si lancia in diatribe circa il fatto che il napoletano di Giovanbattista Basile si legga o meno come si scrive (sottolineando che il napoletano vero non è certo quello di oggi, ma deve essere quello del seicento, o quanto meno quello precedente il periodo murattiano). Si butta nel cesso il presepe con i pastori di plastica (che fino alla fine degli anni 80 sembrava avere prevalso) per recuperare quelle assurde fragili bruttine fintartigianali statuine di creta, perchè fanno tanto tradizione. E poi le assurde etimologie di Renato De Falco. Le raccolte di proverbi. Le raccolte di antiche mappe topografiche ("il mare arrivava fin qui, e la Caracciolo non esisteva"), e i più seri (ma autoreferenziali) studi toponomastici che ci siano al mondo (e che all'epoca irretirono anche menti sublimi quali quella di Croce). Gli studi musicologici della Pietà dei Turchini. L'amorosa pietà con cui Muti ha dedicato il recente festival di Salisburgo alla Scuola Napoletana. Le raccolte di ricette. E i mestieri di una volta, e che ora non ci sono più.
Anzi, è proprio questa storia degli antichi mestieri ad essere tra tutte la più sintomatica. Già nel 1859 (nel MilleOttocentoCinquantaNove!), De Bourcard descrive, nel suo "Usi e Costumi di Napoli e Contorni" (tu lo puoi comprare su tutte le bancarelle napoletane, o leggerlo qui), i mestieri ancora in voga a Napoli negli anni a cavallo dell'Unità d'Italia, tuttavia dedicando lunghe e tragicamente appassionate pagine a quei lavori che al tempo cominciavano a scomparire o purtroppo erano già belli e defunti. Insomma, chiarendoci che nel 1859 la napoletanità, così come la intendiamo oggi, era già nata: perchè già c'era chi non si limitava a produrre un documento etnografico su attività economiche sulla via dell'estinzione ma deplorava la Modernità, esaltava la Gentilezza, la Gaiezza, la Semplicità e la Sobrietà dei Costumi di un tempo, e si compiaceva dell'archeologia e del restauro conservativo della Memoria.
***
Perchè se ci pensate, poi, vi accorgete che il Napoletano non esiste. Egli è il Ricordo, culturalmente strutturato, che voi avete di lui (l'idealtypus noto come Napoletano), e al quale nessun napoletano vivente assomiglia davvero: Ricordo che vi è stato installato da un pesante martellamento culturale (film di Totò, Troisi, commedie di Eduardo, racconti di papà che ha fatto il militare e in compagnia era pieno così di napoletani, incontri fugaci nel cesso di una discoteca a Riccione, gente rumorosa in treno), e che vi fa credere di sapere riconoscere un napoletano lontano un miglio. Beh, vi sbagliate sul fatto di saperlo riconoscere (avreste mai saputo dire che Borrelli, la Boccassini o il presidente Napolitano sono napoletani, prima che qualcuno ve lo dicesse?): il Napoletano stesso è la geniale invenzione del Ricordo, che in tal modo può continuare ad andarsene in giro per il mondo prendendosi un passaggio da questo fantasma, un pò come fanno i nostri geni con i nostri corpi.

18 giugno 2011

L'ombra della luce

Il gene egoista

"Invece di chiedersi chi fosse venuto prima, l'uovo o la gallina, d'un tratto sembrò che una gallina fosse un'idea dell'uovo per avere più uova."

Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare.

La macchina finale

"Impossibile pensare a qualcosa di più semplice. Non è altro che un cofanetto di legno, di forma e dimensioni simili a una scatola di sigari, con un solo interruttore su uno dei lati. Azionando l'interruttore si sente un ronzio rabbioso, insistente. Il coperchio si solleva lentamente, e dall'interno emerge una mano, che si china a rimettere l'interruttore nella posizione iniziale per poi ritirarsi nella scatola. Definitivo come l'atto di sigillare una bara, il coperchio si chiude con uno scatto, il ronzio cessa e torna la quiete. L'effetto psicologico, se non sapete quello che sta per accadere, è devastante. C'è qualcosa di indicibilmente sinistro in una macchina che non fa nulla - assolutamente nulla - a parte spegnersi da sola."

Arthur Clarke, citato in Sloane, Wyner, Biography of Claude Elwod Shannon
(Seife, La scoperta dell'Universo)

12 giugno 2011

Mamma in ospedale e io al voto

Io: - Allora, mamma cosa vorrebbe che le portassi in ospedale, stasera?
Papà: - Non ti preoccupare, ci penso io. Ha chiesto la sua crema per il viso.

***

Mio fratello: - Non puoi fumare qui nel seggio.
Io: - Ma il sigaro è spento!
Mio fratello (alle scrutatrici, carine): - Arrestatelo lo stesso!

I reattori nucleari ambulanti

Giusto per, visto che raramente danno queste notizie in TV. Ma è bella grossa, la George H.W. Bush (sì, proprio il papà del coglione). Questo per informarvi che c'è una portaerei alla fonda nella rada di Napoli, più o meno di fronte al porto commerciale. Faceva un pò impressione, dalla Caracciolo, vedere quel bestione di 333 metri fare da sfondo alle barche a vela, gli yacht, una portacontainer e le navi da crociera.


Ed è stato divertente andare a votare per il referendum sul nucleare con due propulsori atomici praticamente nei pressi del nostro culo.
Dato che non credo sia qui per prendere il gelato al Borgo Marinari, sotto il Castel dell'Ovo, credo che nelle prossime ore farà perdere le sue tracce, e nel Mediterraneo qualcuno ballerà.

22 maggio 2011

Il nuovo Rinascimento

Come tutti sappiamo, se non altro per averlo studiato a scuola, il periodo più luminoso che si abbia avuto per l'Italia, dal punto di vista artistico, filosofico, della cultura materiale e scientifico, è quello che prende il nome di Rinascimento. Dal punto di vista della storia del costume, il periodo si fa notare per l'estrema violenza e per la spregiudicatezza dei costumi ("italiane, tutte puttane"): anche i papi avevano le loro amanti, e qualche volta se la intendevano con le stesse figlie. I problemi politici li si risolveva con l'intrigo, magari con un avvelenamento o con una coltellata: il tradimento, la dissimulazione, la cortigianeria, lo spionaggio, il doppiogiochismo, erano la cifra del comportamento pubblico.

Per cui quello che ci attende è un periodo luminoso! Leggo il giornale e guardo inorridito alla notizia per cui la Lega avrebbe chiesto, e avrebbe ottenuto la parola di Berlusconi al riguardo, che due ministeri siano spostati al Nord. Poi mi calmo e sorrido beato.

Tralascio alcune considerazioni su come, in questo periodo turbolento, di risparmi e rigore, sia antieconomico e macchinoso prendere due organizzazioni composte da parecchie migliaia di persone, e organizzarne la logistica a diverse centinaia di chilometri di distanza dalla posizione attuale. Tali considerazioni le hanno fatte, molto meglio di me, Cicchitto e Gasparri. Oltre al ridicolo con il quale il governo accetterebbe di coprirsi forzando questa operazione per pagare una marchetta di proporzioni colossali. Oggi, poi, che S&P ci ha declassati nell'outlook.

Dite: ma che c'entra questo col Rinascimento? E ve lo spiego meglio, per come la vedo io.

Bossi sa che Berlusconi perderà. Che non significa semplicemente che perderà le elezioni. Bossi sa che Berlusconi, cioè la sintesi fisica del fenomeno "berlusconismo", sta affondando insieme ad un'epoca storica (il "quindicennio berlusconiano"), e che nel PdL non fanno altro che ragionare su quali scialuppe siano più convenienti per abbandonare la nave che cola a picco (anche se sono tutti in surplace, perchè non hanno ben chiaro da dove la prima falla si farà più vistosa, e dunque la barca inclinerà): il PdL esploderà. Ma prima che il PdL esploda, perderà le elezioni, e le farà perdere anche alla Lega (come si è visto nel primo turno delle amministrative).

Per la Lega, l'unica maniera di recuperare consensi nella base è dunque passare dal partito "di lotta e governo" alla fase di sola lotta. Insomma, smarcarsi.

Ma non deve farlo tradendo in maniera evidente. Perchè in Italia non puoi tradire in modo evidente: penseranno male di te (se non altro, perchè non hai saputo farlo in maniera sufficientemente coperta, e crederanno che sei un coglione).

Per cui Bossi tradirà in maniera sottile.

Bossi chiederà troppo a Berlusconi. Due ministeri per il Nord. In fondo, un paio di ministeri al di sopra del Po era tra le rivendicazioni storiche della Lega. Sempre accantonate. Ma la furbata è chiederli ora, quando Berlusconi è più debole.

Perchè Berlusconi, che è disperato, dirà sì alla richiesta, anche andando contro il proprio partito (già Cicchitto e Gasparri hanno fatto alcune osservazioni). Sarà come dare un calcio in un vespaio: gli acuminati animaletti impazziranno, e succederà un casino.

Ci saranno convulsioni tali da indebolire elettoralmente il PdL, stremato dalle polemiche interne, ed esterne, che non faranno fare certo bella figura agli occhi dei cittadini. Milano e Napoli verranno definitivamente perdute, e la Lega potrà staccare la spina al governo.

In questa maniera Bossi, provocando la caduta di Berlusconi per esplosione interna del PdL, potrà apparire come uno che non ha tradito personalmente. In più, mostrando di avere alzato la posta delle proprie richieste, potrà presentarsi davanti al suo elettorato nelle vesti del capo che è ritornato al partito di lotta. Infine, tratterà per nuove forme di federalismo col centrosinistra vittorioso alle amministrative. Magari appoggiando un qualche tipo di governo tecnico di minoranza a guida Tremonti, con l'astensione costruttiva di FLI, PD e UDC.

Diciamo, una specie di Rinascimento.

Vabbè, poi sappiamo come è andata di lusso, a un'Italia divisa, nei 400 anni successivi... ma questa è un'altra storia.

Bach - Matthaeus Passion

21 maggio 2011

Gli innocenti devono morire

Che cos'è la verità?

Il sogno dell'allievo di Giotto



"Perchè realizzare un'opera quand'è così bello sognare soltanto?"

Niente dovrà rimanere impunito/2

Maurizio Gasparri: "Se diventerà sindaco, non escludo affatto che Pisapia  possa nominare come assessori persone provenienti da ambienti estremisti e vicini ai centri sociali o ex appartenenti al terrorismo."

Niente dovrà rimanere impunito.

Niente dovrà rimanere impunito/1

Carlo Giovanardi, sottosegretario alle politiche per la famiglia: "Non escludo affatto che nell'improbabilissima eventualità che diventasse sindaco, De Magistris favorirà femminielli, gay e trans riconosciuti".


Niente dovrà rimanere impunito.

Ma potrebbe essere Eduardo



Chishu Ryu, nei panni Tadachika Munekata, nel film "Le sorelle Munekata" di Yasujiro Ozu. Ma potrebbe essere Eduardo.

rondo' veneziano casanova

20 maggio 2011

Jeff Buckley - Grace

Napoletanità/1

Passeggio per il corso affollato. Un giovane ambulante, di quelli che da un pò di tempo si vedono in giro, tenta di vendere dei dozzinali calzini d'importazione, per abbuscarsi la giornata. Ferma una donna:
- Signora, nu'paro 'e calzini a rate. Facimmo na finanziaria senza busta paga...

11 maggio 2011

'A Moratti va mettenno 'a fune 'e notte

Letteralmente: La Moratti mette la fune di notte.
Con ordine: è un'espressione napoletana, che risale al periodo in cui non esisteva l'illuminazione stradale, e le strade di notte erano pericolose. A quel tempo i ladri si organizzavano tendendo un canapo da un lato all'altro della strada, facendo inciampare nell'oscurità il passante distratto, e alleggerendolo del portamonete. In buona sostanza, mettere la fune di notte equivale a tendere un agguato vile.

E un agguato vile è proprio quello che ha teso la Moratti ai danni di Pisapia. Al termine del confronto televisivo tra i due candidati,  la Moratti ha accusato l'avversario di avere subito 30 anni fa una condanna per favoreggiamento di un pestaggio, e di essere stato amnistiato. Dato che le regole del confronto stabilivano che all'ultimo intervento del sindaco uscente non ci sarebbe potuta essere replica da parte dello sfidante, si capisce bene come questo colpo, tenuto accuratamente in serbo per l'intera trasmissione, equivale a un agguato vile dal quale Pisapia non aveva alcuna possibilità di difendersi.

Peraltro, e qui viene il bello, l'accusa è falsa. Pisapia non c'entrava niente col pestaggio: fu assolto e non amnistiato, e il moderatore del confronto si è sentito in dovere di ricordarlo ai telespettatori. Si attende una querela alla Moratti da parte di Pisapia.

L'accaduto, oltre che rendere conto della pochezza della Moratti e del suo staff (disinformata lei, è stata malamente addestrata dai suoi spin doctors altrettanto disinformati), preoccupa per la leggerezza con la quale l'argomento è stato usato, per il momento in cui è stato usato, per i toni perentori con cui è stato usato, e fa rabbrividire per l'evidente carica potenziale di violenza contenuta nel messaggio veicolato: un'accusa dalla quale non ci si può difendere equivale a una mazziata al buio, alla somministrazione di botte e olio di ricino, a un avvertimento mafioso.

Ma forse potrà un giorno far rallegrare perchè, evidentemente, una Moratti con dei sondaggi migliori non si sarebbe mai sognata di fare un passo così lungo. In ogni caso una riprova del fatto che l'ex ministro non può continuare a fare il sindaco di Milano: forse di tanta arroganza gli elettori moderati terranno conto.

Appunti dall'ospedale

La signora che sta nel letto di fronte a quello di mia madre è stata appena operata. L'altro giorno, i suoi numerosi figli, la maggior parte dei quali disoccupati, hanno litigato tra di loro ferocemente, e davanti a tutti, per decidere chi avrebbe avuto l'onore di assisterla durante la notte, come si usa ancora dalle nostre parti. Alla fine, tutti gli altri sfiniti, due dei contendenti si sono accordati per fare la notte insieme.
Mia madre mi ha raccontato che, arrivata la mezzanotte, il più alto dei due si è allontanato con la scusa di volersi fare un cornetto al cioccolato nella piazza vicina. E non è più tornato. Il più piccoletto, invece, si è steso su una brandina improvvisata, e ha cominciato a ronfare rumoprosamente, di fatto disturbando i degenti, per poi svegliarsi e andare via ad un orario incongruamente anticipato.
Così, di primo mattino, è stata mia mamma, insieme all'infermiera, ad occuparsi delle prime necessità della signora.

***

Intanto mia madre, che  si sente ancora bene, si annoia a rimanere nel letto, e perciò sovrintende il traffico in corsia, controlla l'ora alla quale la vicina di letto deve prendere la pillola, tiene sotto osservazione i bagni comuni, coordina le attività di pulizia da parte dell'impresa, e dà prescrizioni relative ai piccoli interventi di manutenzione che devono essere eseguiti nella toilette.

***

Io: - Compriamo una rivista a mamma
Lei: - Ok.
Io: - Ricordo che mamma d'estate un tempo comprava queste qui. Quale preferiresti tu? Intimità o Confidenze?
Lei: - Nessuna, non mi piacciono.
Giornalaio: - Signore, avete sentito? La signorina da voi non vuole nè intimità ne confidenze :-)

Lo guardo male.

***

Guardo i parenti di una paziente mentre osservano inebetiti il televisore, che hanno provveduto a portare da casa e a montare sul tavolino nella stanza. Senza un lavoro, sembrano interessarsi, anche se un pò passivamente, al rapporto di cambio tra euro e dollaro.

10 maggio 2011

Perchè tutto questo dolore?



Perchè sento come se a dover essere incisa fosse la mia carne? Perchè tutto questo dolore? Perchè non so fare finta di niente?

07 maggio 2011

41000 a 227

41000 a 227. Potrebbe essere il punteggio di una strana partita. Il rapporto tra 41000 e 227 fa 180 tondo: 41000 è 180 volte più grande di 227. 227 è poco più del 5 per mille di 41000. Cosa significano questi numeri?
L'ultima volta che a Napoli è stato mandato l'esercito per ripulirla dai rifiuti, i mezzi militari hanno raccolto 227 tonnellate di rifiuti dalle strade. Negli stessi giorni, l'azienda municipale ne raccoglieva 41000: sostanzialmente, i militari a Napoli vennero a farsi un giro (con grande spesa) per fare qualcosa di totalmete inutile. Però permisero un grosso spot a favore del governo (del fare).
Ma allora se l'azienda municipalizzata per la raccolta dei rifiuti è perfettamente in grado di ripulire Napoli, come mai l'attuale crisi dei rifiuti? Perchè manca il DOVE conferire l'immondizia: e stabilire il "dove" è compito della Regione (governata dal centro-destra) d'accordo con la Provincia (governata dal centro-destra). E che il "dove" fosse il reale punto della situazione lo chiarisce il fatto che all'epoca i rifiuti furono portate in aree definite di interesse strategico-militare (vietato anche fare foto da lontano). E sul "dove" siamo in altissimo mare: almeno Prodi, lui mise i soldi per l'inceneritore di Acerra. Ma questi qui cosa hanno fatto di concreto?

Ora, Berlusconi ripromette l'invio dell'esercito. Non lo ha mandato a Natale (garantendo la figura di merda internazionale di una Napoli sporca nel momento di massimo afflusso di turisti). Non lo ha mandato a Pasqua (con una Napoli ugualmente piena di turisti). Lo manda ora: qualche giorno prima delle ELEZIONI AMMINISTRATIVE, sperando di sfruttare la sofferenza della città in chiave elettorale.
Bisogna dire chiaro e forte che Berlusconi odia Napoli e i napoletani, che non ha rispetto né cura per la loro salute o per lo stato dell'economia, che li ha fatti galleggiare tra i rifiuti nella speranza che la loro rabbia si indirizzasse verso l'amministrazione comunale, e solo per fare vincere le elezioni a Lettieri, uomo dell'inquisito per camorra Cosentino. Più stronzo di così davvero non si può.

26 aprile 2011

Il corpo esposto

Qualche giorno fa ho saputo che la PET di mia Madre presenta dei noduli in corrispondenza del lobo superiore del polmone destro. E che i markers salgono.

***
Mi è sembrato curioso che tutto questo avvenisse proprio mentre la Città affronta una clamorosa crisi della racolta dei rifiuti, che ormai La assalgono da ogni parte, strabordando dai cassonetti ormai non più ripuliti, smottando da discariche improvvisate agli angoli delle strade, bruciando in cumuli fumosi, facendo esplodere rancori di periferie e dando fiato ai buffoni dei localismi. Così è pure per il corpo di mia Madre, che viene tradito dall'interno, invaso lentamente, riempito di veleni, percorso dai propri stessi abitanti impazziti che appiccano incendi e scatenano l'infiammazione. L'una cosa mi è sembrata metafora dell'altra.
***

Non so quale delle due mi sembri più irreale, eppure più incombente
Il Loro corpo, esposto. La vergogna.

25 aprile 2011

Bella'mbriana

 

Tra gli angoli di quattro case, nord sud est ovest: - Scetate, bella'mbriana! Scetate!

03 aprile 2011

Apocalisse 13, 11-18

[11] Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago.
[12] Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita.
[13] Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini.
[14] Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta.
[15] Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia.
[16] Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte;
[17] e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome.
[18] Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei.

26 marzo 2011

Si può essere contemporaneamente napoletani e normali?

Cercando tutt'altro, mi sono imbattuto in un intelligente post di un giovane laureato napoletano che, confrontandosi con il resto dell'umanità, scopre di essere tutto sommato nella media, rifiutando pertanto di lasciarsi attribuire un carattere di specialità (la "napoletanità", nel bene o nel male), per il solo fatto di essere nato a Napoli. In particolare, in nome della sua normalità, questo giovane rifiuta decisamente ogni tipo di associazione che tra lui può essere fatta e cose come "camorra", "spaccio", "munnezza", "maleducazione", "sporcizia", "rumore", "mancanza di voglia di lavorare".

Per la lettura dell'intero post, non troppo corretto dal punto di vista stilistico e grammaticale, ma scritto con notevole brio, rimando al link. Qui, mi fa piacere trascriverne una citazione ironica che sembra essere tratta di peso da un ragionamento leggero alla Troisi:
"[...] l'evidente falsità del luogo comune del "napoletano che non vuole lavorare. A dire il vero lavorare è una cosa normale che riguarda tutti nel mondo. Non ho mai sentito un cinese,un francese,un turco,uno svizzero,un africano vantarsi del fatto che lavorano. Alcuni padani invece lo fanno,come se si trattasse di qualcosa di straordinario,saranno forse questi padani quelli che in realtà non vogliono lavorare e perciò lo considerano qualcosa di eccezionale?"
Delizioso.

Invettive

L'insulto è un'espressione degradante, violenta, volgare, dettata dal desiderio di offendere, di prendere in giro, di reagire con rabbia con una frase che sia un pugno nello stomaco: in questo senso, l'insulto ha poco cervello e, anche se fantasioso, scarsa dotazione intellettuale. Al contrario, l'invettiva è una figura retorica di antiche origini, ampiamente esplorata nella letteratura sia classica che posteriore, mediante la quale l'animo nobile può trovare sfogo alla propria indignazione, puntare il dito contro una situazione o una persona ritenute nefaste, sottolineare una tara spirituale nell'avversario. L'altro giorno, sotto la doccia, mi sono trovato a riconsiderare tutta una serie di gustose espressioni della mia lingua natale che, pur apparendo semplici insulti, sono in realtà invettive che racchiudono un universo di valori morali. Eccone un campionario: se me ne scordo qualcuna fatemi sapere, inviandomi le vostre.

Auguri di morte prematura
- Puozza sculà
- Puozza passà p'a Loggia 'e Genova
- Accirt'
- 'Mpiccate

Auguri di impoverimento o malattia
- Puozz'ji cercanno a carità
- Puozz'arrubbà
- Ma va'arruobb'
- Accattatenne tutte medicine (detto con riferimento al denaro di chi ha realizzato un ingiusto guadagno)
- Puozza passà nu guaio niro
- Puozza passà niente
- Puozza passà nu guaio arò nun coce 'o sole
- T'hanna magnà 'e cane

Sottolineatura di una tara morale con riferimento a genealogie incerte e storicamente lontane
- O'sanghe 'e chi t'è muorto
- O'sanghe 'e chi t'è stramuorto
- O'sanghe 'de muorte 'de meglio muorte 'e chi t'è stramuorto
- Chi t'è muorto
- Chi t'è stramuorto
- A'sfaccimm'e chi t'è muorto
- A'sfaccimm'e chi t'è stramuorto

Sottolineatura di una tara morale che colpisce l'intera famiglia, con particolare riferimento a sessualità deviate
- Curnut'
- Scurnacchiato
- Zoccola
- Va fa'mmocc'a mammeta
- Va fa'mmocc'a chella cessa e mammeta
- Va fa'mmocc'a soreta
- Va fa'mmocc'a zieta
- Va fa'mmocc'a chi t'è muorto
- Va fa'mmocc'a chi t'è stramuorto
- Va fa'ind'a fessa 'e mammeta
- Va fa'ngul'a pateto
- Va fa'ngul'a mammeta
- Va fa'ngul'a soreta
- Mammeta se chiav'e tori
- Ma va'pigli'o 'ngul
- Omm'e merda (in quanto ha rapporti sessuali attivi con prostituti di sesso maschile)

Riferimento a mercimoni dei membri femminili della famiglia
- Mammeta è na zoccola
- Pateto è nu'curnuto
- 'A bucchina 'e mammeta
- 'A bucchina 'e soreta
- Chella fessarotta 'e mammeta
- Chella cularotta 'mammeta
- Lummera

Riferimento all'indeguatezza pratica o morale dell'avversario
- Si' 'na chiaveca
- Merdajuolo
- Stuppolo
- Stuppolo 'e cesso
- Stuppagliuso
- Bucchinaro
- Cesso
- Scarda 'e cesso
- Pruvase
- Vajassa
- Lota
- Lutamma
- Munnezz'
- Haje cacat' 'o cazzo
- Cacacazz'
- Haje rutt' 'o cazzo
- Rompacazz'
- Scassacazz'
- Me pare 'o frat'ro cazz'
- Me pare 'a sora 'ra fessa
- Me pare 'o conte Merda
- Me pare 'na statua 'e merda gelata
- Si'parle co'muro, 'o muro te risponne
- Omm'e sfaccimm'
- Sfaccimmus'
- Omm'e niente
- Mannaggia 'a mammeta ca te facette
- Pereta
- Perucchiuso
- Zengara
- Samenta
- 'Nzallanuto