28 settembre 2011

La crisi nella metro


Leggere la crisi nella metropolitana.
Quando la prendevo alla stessa ora, giusto un anno fa, o anche più di recente, in primavera e in estate, la metropolitana era semplicemente zeppa. Ora no: ci sono soprattutto meno giovani. E non hanno certo aumentato le corse, in modo da diminuire l'affollamento.
Più semplicemente, molti di quelli che prima avevano un qualche lavoro precario adesso non ce l'hanno più, e dunque non hanno più neanche la necessità di prenderla, la mattina sul presto: i primi ad uscire dal mercato del lavoro sono stati i meno garantiti, cioè i ragazzi.
Dallo spazio che è rimasto nei vagoni, devo dire che sono moltissimi, i fantasmi rimasti a casa...

26 settembre 2011

PCI

Ieri mi è venuto di ricordare con affetto un mio anziano zio, nella top ten degli uomini più buoni del mondo, che era stato anche segretario di una sezione dell'MSI, e che un pomeriggio che gli ero stato affidato, era il 1979, mi indicò un manifesto del PCI, quello bello lo sfondo blu la falce e il martello, e mi disse che con quella falce  i comunisti tagliavano le teste ai bambini e poi se li mangiavano. Io avevo 5 anni. Ma non gli credetti.

16 settembre 2011

Transordomuti

Nel caldo umido africano dell'autobus affollato due giovanissimi trans sordomuti oscenità a gesti e parole smozzicate una ciurma di ragazzini sfottenti risate spintoni insulti urletti ricchioneschi l'autista incazzato che ferma il mezzo e si alza fuggi fuggi dei bambini ancora spintoni un vecchio cade a terra sputi dall'esterno verso l'interno del mezzo sputi dall'interno all'esterno insulti risate "higghiòò higghiòò". Il delirio.

15 settembre 2011

Almamegretta-nun te scurdà

Regate e vittorie sportive

Molti dicono che il sindaco De Magistris sta facendo male ad andare appresso a regate, oppure a compiacersi delle vittorie del Napoli. Dicono che dovrebbe pensare a cose più serie, e che Napoli ha ben altri problemi.
Secondo me, la vista corta e un pensiero pigro fa sbadigliare (me), oltre che fare sbagliare (loro). Il mondo contemporaneo ci consegna una situazione in cui, più che essere gli Stati a competere, sono in lotta tra di loro una sorta di città-stato, le quali creano o non creano le migliori condizioni per lo svolgimento delle attività economiche, e per il  mantenimento di più o meno alti standard di vita degli abitanti (Milano, Shangai, Pechino, Parigi, Londra, New York, Barcellona, San Francisco...quante ve ne vengono a mente?). Ogni area del mondo economicamente evoluta ruota attorno a una città-stato con una popolazione ben superiore ai due milioni di abitanti. Napoli, come città più importante del meridione d'Italia, non può e non deve fare eccezione, considerando l'intera cinta metropolitana, e arrivando a tre milioni di abitanti.
Per potere fare bene, per attrarre investimenti, in queste città-stato c'è bisogno di un clima di fiducia, di sguardo rivolto al futuro, c'è bisogno di credere di potere crescere ancora e ancora, e forse anche di euforia. E' per questo che le grandi città-stato fanno la corsa all'organizzazione di grandi eventi, e anche le vittorie sportive (specie se risultato di una lunga e paziente organizzazione, e non certo del genio individuale di un giocatore) possono fare da vetrina. Per cui bene ha fatto De Magistris ad andare in Inghilterra per cercare di recuperare le gare della Vuitton Cup, e magari anche per vedersi da vicino Manchester City-Napoli.

14 settembre 2011

La crisi al cesso

Prepotenti segnali di crisi. Per risparmiare, all'università dove lavoro hanno deciso di cambiare la fornitura di materiali di consumo con un diverso appalto. Ieri, al gabinetto, invece della usuale carta igienica bianca morbida a doppio velo, ho trovato una monovelo ruvida color beige. Che ha tutta l'aria non di essere riciclata, ma proprio di seconda mano.

12 settembre 2011

L'urgente visita a Bruxelles

B.: "Vado a Bruxelles per incontrare urgentemente il presidente del Parlamento Europeo, a causa delle opposizioni che hano creato un clima di confusione attorno alla manovra"
Buzek: "Non è una visita ufficiale, non gli dedicherò più di due minuti, per pura cortesia: ho già la giornata piena di impegni"

E' un appestato.

11 settembre 2011

L'uscita onorevole

Leggo che da più parti si è proposta un'uscita di scena di Berlusconi pilotata, con un salvacondotto per sé e le sue aziende. Sarebbe auspicato un tale accordo da frange del PdL che chiedono, anche se non ad alta voce, di voltare pagina; è certamente invocato dall'UdC, e alcuni settori del PD non sarebbero contrari pur di accelerare la transizione verson un paese normale.

Per quello che mi riguarda, assicurare salvacondotti giudiziari per B. non è altro che una maniera alternativa di ammettere che in tutti questi anni egli ha singolarmente operato per il male, per gli interessi suoi e di tutta la corte di famigli, nani e ballerine che ha usato per incancrenire la società italiana, e puttaneggiare invece di mettere mano al lento declino del Paese. Mi piacerebbe sapere da che parte stavano della barricata, intendo la barricata della giustizia e della legalità, o semplicemente del buon senso, coloro che adesso segretamente invocano una svolta, ma che finora hanno sostenuto il Presidente, spargendone la Triste Novella.

Secondo me, l'unica uscita di scena possibile per B., dato che evidentemente non si farà mai tradurre in carcere, è una lunghissima vacanza in una delle proprietà che possiede all'estero, in qualche repubblica delle banane. E' l'esilio, è l'unico salvacondotto possibile. E anche per i suoi famigli che protestano.

"Mi piace"

Quelli che ti scrivono un commento su Facebook e poi si cliccano da soli "mi piace".

10 settembre 2011

Un barista bambino

Qualche giorno fa sono stato nella casa dove ho abitato per molti anni con i miei genitori, per andare a preparare gli ultimi scatoloni di libri che porterò dove mi sono trasferito, insieme a qualche mobile. Centinaia e centinaia di libri: è stata un'autentica faticaccia, e molti, tre cartoni, li ho regalati a un signore che ha la bancarella a Corso ***, e che campa di libri usati e di occasione, venduti a uno o a due euro. Per altro, il giorno dopo ci sono anche passato davanti, ed è stato curioso vedere una piccola folla di curiosi sfogliare proprio i miei libri: un signore ne aveva quattro sotto il braccio (credo fossero Teresa Batista stanca di guerra, di Jorge Amado, un vecchio manualetto di Oceanografia, un numero speciale di Micromega e non ricordo manco cos'altro... insomma, cazzate). Nella casa ormai vuota, senza luce né gas, mio padre mi ha raggiunto per darmi una mano con i libri, e per fare le ultime pulizie. Durante quelle ore passate a lavorare insieme mi ha raccontato cose che non mi aveva mai detto prima, come certe storielle che risalgono a quando lui aveva 10 anni e faceva il barista, nel 1948. Cioè, lui non è che faceva proprio il barista e, ovviamente, a 10 anni non stava alla macchina dell'espresso. Papà era "banconista". Da quel che ho capito, preparava i vassoi con le cose da servire sopra, ed eventualmente li portava fuori dal bar se c'era da sbrigare la commissione.
Pare che il primo bar dove avesse lavorato, una volta uscito dal collegio di Portici, stesse a Corso ***, a Napoli: esiste ancora, e ora si chiama "'Na tazzulella 'e cafè" (guarda caso). Questo bar aveva, e mantiene, una caratteristica: per entrare bisogna salire un alto gradino che lo separa dal marciapiede. Papà dice che all'epoca passava spesso fuori dal bar un nano, estremamente piccolo, che portava dei pantaloni di alcune taglie più grandi, e con delle grosse tasche. Questa persona si affacciava al bar, senza salire il gradino, e chiedeva l'elemosina: la padrona del bar dava un paio di monetine a mio padre, e lui le lanciava facendole rotolare luungo il bar, verso l'ingresso. Secondo papà, le monetine, dopo avere viaggiato rasoterra, cascavano dal gradino per infilarsi diettamente nella tasca del nano, che intanto la teneva bella allargata. Vabbè, ho pensato io.
Da quel bar papà fu cacciato. Un giorno che doveva servire del seltz col sifone a un signore, l'erogatore gli sfuggì di mano, annacquando il viso e l'abito del cliente. La padrona non la prese bene, e dopo un cazziatone interminabile licenziò mio padre su due piedi. All'epoca non c'era l'articolo 18. E neanche Sacconi, se è per questo.
Papà cambiò padrona, anzi, padrone, nel senso che non cambiò il sesso ma le moltiplicò. Andò a lavorare dalle "signorine francesi", che avevano due bar, uno a via dei ***, di fronte al Palazzo ***, e l'altro a via ***, poco dopo piazza San ***. Non ho confessato a papà il mio sospetto che le signorine francesi (chissà come mai erano a Napoli) facessero un altro mestiere prima di aprire i due bar, appunto con i proventi del lavoro precedente. Forse ho solo malignato tra me e me, forse ci ho azzeccato. Comunque papà abitava in quella che all'epoca si chiamava Resina, e che solo successivamente ha preso il nome di Ercolano, per fare piacere ai turisti che altrimenti non sapevano bene dove scendere con la Circumvesuviana. Per tornare a casa, papà doveva prendere due tram, il 34 urbano, che dalla Riviera di Chiaia portava a piazza Municipio, e il 55 suburbano, che da piazza Municipio conduceva a Resina, a 11 km di distanza. Papà questo tragitto lo compiva alle 22, e regolarmente si addormentava nel tram. Il secondo tram, perchè papà faceva solo questo biglietto: le signorine, gli davano i soldi per entambi i mezzi, ma lui preferiva intascarsene una parte, e così viaggiava appeso sul respingente del numero 34, dove ovviamente non poteva addormentarsi.
(Apro un inciso. La storia dei ragazzini appesi ai mezzi pubblici a Napoli è vera. O meglio, lo è stata senz'altro. Se non altro perchè ricordo di averli visti anche io, appesi ai tram, prima del terremoto, avrò avuto cinque anni. Poi, nell'ottanta, col terremoto fermarono i tram, credo per via delle vibrazioni comunicate ai palazzi pericolanti. E non rimasero mezzi pubblici atti ad appendersi per molti anni. Quando ripartirono, la moda ultradecennale era ormai passata)
Papà mi ha detto che, appeso al 34, svitava le lampadine posteriori del tram, e le infilava nel giubbino. Una volta portate a casa, provava ad accenderle, ma ronzavano dando una luce molto fioca. Per via della tensione casalinga più bassa, mi h detto. Gli ho creduto. In ogni caso, il nostro amico bambino di 10 anni alle 22 si addormentava nel 55 diretto a Portici ed Ercolano. Dato che il piccolino era basso di statura, non sempre era visibile da dietro al sedile sul quale si addormentava, per cui succedeva che lo conducessero fino allo stazionamento, e che da lì lo riportassero dopo qualche ora a Napoli. Magari un paio di volte in una notte. Appunto, capitò una notte in cui un controllore lo salvò dal fare avanti e indietro fino al mattino, e alle 3  lo mise su un mezzo che passasse non dico vicino casa, ma almeno non troppo lontano.

Immaginate la nonna, sveglia, che aspettava ai 4 Orologi il piccolo lavoratore decenne.

08 settembre 2011

03 settembre 2011

Ha detto mio cugino

Ha detto mio cugino: "Anche quelle poverette, che da semplici escort si sono ritrovate zoccole da un giorno all' altro."

Suor Carla! Suor Carla!

Vi racconto una storia. Forse non lo sapete, ma io ho fatto le elementari dalle suore a Corso ***, a Napoli. Beh, dalla prima alla quarta io ebbi come maestra suor Carla: il quarto anno, avevo 9 anni, suor Carla era strana, ci faceva studiare di meno, sorrideva molto, spesso a sproposito, arrossiva, piroettava nel suo nuovo abito grigio da suora... "come sto?" diceva alla classe, e poi faceva un pirulè.

Un bel giorno, era estate, il mi oquarto anno era appena finito, e suor Carla la si vide fuori dal parrucchiere sotto casa mia, a via ***. Era venuta dalla cugina, che abitava dalle mie parti, per spogliarsi degli abiti sacri e per farsi la sua prima messa in piega dopo anni, forse decenni.

Il fatto è che la sua migliore amica, mesi addietro, era morta. Proprio quell'amica che aveva sposato l'uomo di cui suor Carla era stata innamorata in gioventù, e per il quale era entrata in convento. Al funerale della donna si erano rivisti, suor Carla e quest'uomo, e col passare dei mesi si erano rimessi a parlare, ricordare... chissà cosa si saranno detti... sta di fatto che sbocciò o risbocciò l'amore, e credo anche che tempo dopo si sposassero.

Questa storia non significa niente, e non credo ci insegni niente. Non ha a che fare con le suore, non ha a che fare con i casi e i casini della vita, nè ha a che fare con la questione di prendere decisioni che hanno grande significato per la propria esistenza. E' solo un mio ricordo di quand'ero bambino, e stando sul balcone vidi la mia maestra sotto il palazzo, per cui gridai "Suor Carla! Suor Carla!": lei mi fece ciao e se ne andò.

Ma è una storia bella lo stesso (e manco so perchè.. come mai è bella per me?), e oggi guardando un filmato sull'opera di missionarie africane, mi è tornata in mente.

02 settembre 2011

L'utilizzatore finale

B.: 'Tra qualche mese me ne vado... vado via da questo paese di merda... di cui... sono nauseato... punto e basta..."
 L'utilizzatore finale di un paese di merda. Un pò come quelli che vanno a puttane perchè le disprezzano.